PRODUZIONE CASEARIA
di Guido Ferretti (*)
Fasi di lavorazione del latte
Per poter ottenere giornalmente la quantità di latte fresco, necessaria per la
produzione di una normale forma di formaggio, si ricorreva allo scambio del
prodotto appena munto.
Lo scambio (u càmbiu)
Lo scambio del latte avveniva fra un gruppo di famiglie contadine (generalmente
non più di dieci unità) ed era basato sul senso dell'onestà e della fiducia
reciproca.
La misurazione (a mesìra)
A Vallescura il latte veniva misurato con un unico secchio (stagnùn) della
capacità di dieci litri e con una scodella (schièla) che conteneva un quarto
di litro. Il secchio era di rame stagnato con rifiniture in ottone, la scodella
con il manico era di legno.
A Casoni il metodo di misura era originalmente diverso.
Esso consisteva nella misurazione del livello del latte nel secchio con un
bastoncino di legno usato come piccola sonda e segnato al giusto livello
mediante una tacca fatta col coltello. Ogni famiglia aveva il proprio recipiente
di misura e rilasciava a titolo di ricevuta un bastoncino segnato a livello e di
quella qualità di legno che era sua esclusiva.
Pertanto ad ogni famiglia corrispondeva una qualità di legno (faggio, castagno,
acero, ontano, carpine, cerro, ecc.).
La restituzione del latte avveniva sempre usando lo stesso secchio e misurando
col medesimo bastoncino fino al livello precedentemente segnato.
Vallescura che contava circa venti famiglie, aveva due scambi; Casoni più
popolosa ne aveva cinque.
La raccolta (purtà u lèite)
La raccolta iniziava con il latte della mungitura serale che al mattino
seguente, dopo il raffreddamento notturno, veniva scremato per la produzione del
burro e successivamente integrato con il latte del mattino.
Filtraggio (curà)
Il latte durante la raccolta veniva filtrato con un filtro (cùru) formato da un
recipiente di legno a forma di coppa semisferica del diametro di circa quaranta
centimetri, sul quale veniva steso un telo di lino candido che aveva la funzione
di filtro vero e proprio, sul fondo della coppa era praticato un foro che
permetteva il deflusso del latte filtrato nel recipiente sottostante. Il filtro
era supportato da una base a forma di tavola con maniglie che appoggiava
sull'orlo del recipiente anzi detto.
Lavorazione del formaggio (fa u frumaggiu)
L'intera produzione di latte (mungitura serale e mattutina) veniva versata in
uno o due grossi paioli (buggiacca) anch'essi di rame stagnato e messa a
riscaldare sul focolare alla temperatura di circa 35-36°C.
A questo punto si aggiungeva il caglio (il caglio si otteneva dallo stomaco dei
vitelli da latte con l'aggiunta di sale e latte e successivo essiccamento "quagiotto"). Oppure si comprava dai
venditori ambulanti (molto noto era un venditore di Brignole in Val d'Aveto
che trattava questo prodotto consegnandolo nei vari paesi della Val Trebbia e
Aveto).
Si attendeva quindi che il latte fosse ben cagliato per poi procedere alla"rottura", usando un particolare mestolo
(a mèxera). Il cagliato veniva
tolto dal siero spremendolo manualmente e formando delle palle della grandezza
del palmo della mano (tumma).
Si procedeva quindi alla frantumazione per facilitare la completa separazione
del siero, quindi il cagliato veniva posto e pressato nella forma (fasciella).
La forma, ricoperta con una tela di lino, era inizialmente caricata con una
lastra di ardesia e successivamente con altri pesi fatti di pietra. Per
l'intera durata della spremitura la forma era posta sopra un apposito
recipiente (tuffagnia) che serviva a raccogliere il siero e convogliarlo in un
mastello.
Onde evitare malformazioni, la forma di formaggio veniva periodicamente
capovolta nel contenitore. Quando essa aveva dato tutto il siero era pronta per
la salatura e la stagionatura.
Salatura e stagionatura
Il formaggio veniva salato e conservato in un locale generalmente seminterrato
in modo da mantenere una temperatura fresca in estate e meno gelida in inverno.
(Questo locale a Vallescura è chiamato "granà" mentre a Casoni, alla
distanza di circa un chilometro, lo si chiama "canivièllo").
Durante la salatura il formaggio veniva posto su una lastra di ardesia e
cosparso di sale grosso. Per la stagionatura si sistemavano le forme su ripiani
di tavole di legno e periodicamente si ungevano con olio d'oliva.
Le forme stagionate prodotte a Casoni o Vallescura pesavano generalmente dagli 8
ai 12 chilogrammi. La qualità migliore si otteneva nei mesi di maggio e giugno.
Il formaggio di Vallescura è sempre stato superiore in bontà a qualsiasi
altro, dello stesso tipo, prodotto in Alta Val Trebbia.
La ricotta (u sarazzu)
Il siero rimasto nel paiolo, dopo essere stato separato completamente dal
cagliato, veniva messo a scaldare sul focolare con l'aggiunta di sale.
Raggiunta la temperatura di 75-80°C si coagulava la ricotta che veniva
schiumata con una schiumarola di legno (cazza buoesa) e posta in una tela di
lino, chiusa a fagotto con un cappio di spago ed appesa a gocciolare.
Il prodotto residuato della ricotta è chiamato localmente "scoeggia".
Questo prodotto veniva equamente suddiviso fra i componenti dello scambio
versandolo nei loro mastelli di legno (nappi) al fine di essere utilizzato
nella preparazione di mangime per il bestiame.
La ricotta è un ottimo prodotto, ma di facile deterioramento. Per ottenere una
più lunga conservazione veniva salata e conservata per una breve stagionatura.
Il burro (u bitiru)
Come è stato precedentemente descritto, il latte della mungitura serale veniva
scremato al mattino successivo. La crema di latte era trasformata in burro
mediante sbattimento nella zangola (birraruoe). Il burro veniva separato dal
siero e confezionato in pani di forma cilindrica ottenuti con sbattimento e
rotolamento entro un piatto.
Anticamente il burro era poco usato, pertanto la produzione era molto limitata.
(*) - Brano già edito su "Storia Locale n. 7".