CRAC

I FERETI DI FONTANEGLI

Il nobile Bartolomeo Fereto, ricco proprietario terriero di Fontanegli riuscì, con metodi miserabili, a sottrarre il patrimonio a tre fratelli, suoi parenti poveri, con una controversia che durò quindici anni. Egli non contento di averli rovinati, li incolpò di crimini mai commessi, facendoli incarcerare e costringendoli ad abbandonare il territorio della Repubblica di Genova.
Nel 1577, dopo ripetute suppliche, il governo di Genova decise di affidare il caso al cancelliere Antonio Roccatagliata per chiudere, in breve tempo, l'annosa controversia.
Riportiamo, qui di seguito, l'ultima supplica di Nicoletta, sorella dei fratelli perseguitati.

Nicoletta Fereta invia supplica al Senato.
Ill.mi et mag.ci s.ri
La presente miserabile donna Nicoletta Fereta l'altro giorno supplicò alle s. vre Ill.me li dessero dellegati contra il n. Bartolomeo Fereto per finire una volta con lei essendo anni XVI incirca travaglia et la povera donna contro marito e fitto. Il marito della quale fece stare VIIII mesi in carcere nella Malapaga et loro S.rie ordinorno che il nob. Antonio Roccatagliata loro cancellero dovesse procurare de accordio fra dette parti così più volte sono statti da detti m. Antonio fattosi la minuta del'Istrumento d'accordio il quale non si è potuto testare per l'absentia d'esso n. Antonio, hora essendo venuto essa Nicoletta e pronta che conforme a detto accordio se finisca questo servitio. Così prega le v.s. Ill.me a dare repulsa a detto n. Bartolomeo intorno alla sua requesta et remettere detto presente a esso n. Antonio per finire conforme a quanto sono restati d'accordio expribendo in segno della verità detta minuta. Detto indi che nostro Signor li conservi.

Testimonianza di Tomaso Buonfiglio.
+MDLXXVII giorno di mercoledì VIII maggio
Deposizione al Banco della Giustizia.
Tomaso Bonfiglio del fu Geronimo teste sommario depone per Nicoletta moglie di Benedetto Pedevilla. Prestato giuramento, mano sul Vangelo,sotto giuramento testimoniando dice:
Che essendo esso testimonio pochi giorni sono in ragionamento con m. Bartolomeo Fereto delle controversie che ha esso Bartolomeo con il detto Benedetto de Villa o sia con Benedetto Fereto fratello di detta Nicoletta; esso Bartolomeo li disse che nonostante tutte le inimicitie che erano seguite tra lui et il detto Benedetto era pronto di stare a quello che dicesse m. Antonio Roccatagliata e che haverebbe rimesso ogni cosa in lui et il medesimo li ha replicatto questa mattina.
Interrogato de causa scientia
Risponde perchè ha uditto dire al detto Bartolomeo le parole di sopra.
Interrogato sulla sua età e sui suoi beni.
Risponde che è di ettà di anni 66 e il suo vale scudi cento e più.
Testimoni presenti: Della Loria Lazzaro e Josefo Avanzino.

Supplica per una rapida soluzione della vertenza. 
Ecc.mo et Ill.me S.rie
Quanto ricercha il nob. Bartolomeo Feretto per la sua supplica contra Benedetto Feretto et compagni, non gli deve esserè consentito, poichè esso non ha mai avuto per fine altro che impadronirsi non solo dei beni di essi poveri suoi parenti, ma della propria loro vitta et libertà come V.S. Ill.me appresso sentirano.
Avenga che l'anno del 1562, desiderando esso nob. Bartolomeo haver occasione d'impadronirsi d'al quanti pochi beni di tre fratelli suoi parenti gli persuase a prender da lui doe mine di grano a tempo, et così seguì che facendosi far obbligo de doi di loro di libre venti per il pretio di detto grano, vene a tanto che da questo picol principio che detto debito ha partorito più di dieci altri debiti et in soma asceso a tanto che li poveri fratelli son stati ligati da tante bande che gli ne sono andati quanti beni avevano in questo modo oltra che alcun di loro è stato incarcerato quasi più di uno anno, l'altro se ne fuggito et morto fuori miseramente, insieme con un suo figlio et il terzo il quale per bona sorte non era ancora meschiato i detti obblighi. Morto che gli fu, il detto nob. Bartolomeo comprò dalla moglie, quale fu lassata usufruttuaria, tutto questo usufrutto per libre cinquanta, anzi per sei some di vino guasto e poi ha sempre appigionato detto usufrutto a Benedetto, uno dei detti fratelli per libre sedici l'anno più di modo che di cinquanta lire di capitale sene ha fatto tanto credito in pigioni e interessi et altri guadagni illeciti che gli ha preso tutto quel poco di sostanza che haveano detti fratelli, ma non ancor satio di ciò vorrebbe ancora un poco di terra che gli resta della sorella di Benedetto, et per poterlo più comodamente havere, considerando che ha a fare con persone vili, ignoranti et abietti ricerca per via di criminale fargli incarcerare et distracciarli.
Il che non sarà però da V.S. Ill.me consentito anzi essi poveri parenti sperano che quelle saranno servite di concedere (affidare) a due cittadini la revisione di detti obblighi et contratti eseguiti tra esse parti, aciò si possa conoscere dove il detto nob.le Bartolomeo ha potuto accumulare da un così picol principio tanti crediti et partipatione non solo di tutte le sostanze di essi poveri fratelli, ma quasi della loro libertà et vitta, come già altre volte fu conosciuto da li nob: Thadeo podestà et Giovanni d'Odone, delegati fra le parti, quali veduti tutti questi obblighi li libri di esso nob. Bartolomeo, denari sborsati per essi fratelli, vini e altre robe dategli, et in soma che tutto si riduceva in pigioni et soprapigioni per non battezzarle usure soprausure, ridussero tutti li crediti di esso nob. Bartolomeo a manco di cento libre, como appare per loro sentenza, anchorchè per la mala disgrazia di essi poveri comparenti fussi poi giudicata per excesso per il proprio aduocato di esso nob. Bartolomeo per difetto di qualche solemnità amisse, pregano adunque essi poveri V.S. Ill.me che voglino ben considerare ogni cosa et la qualità et modo di negociar di esso nob. Bartolomeo et anche la semplicità et grossezza di detti poveri comparenti et dargli qualche provvigione a finche una volta si toglino dalle mani di esso loro adversaro et che non sia in sua podestà di fargli morire disperati, como invero seguirà se da quelle non gli vien provisto, alle quali umilmente si raccomanda. Che Sig.re Iddio Le feliciti.
Aggiunta con altra grafia:
Delegando di novo al nob.le Antonio Roccatagliata, loro cancellero, ogni causa fra dette parti, così decise come non (decise), come anche si contenta esso n. Bartolomeo, come appare per pubblici testimonii. Si presentano et esso Antonio sarà contento di novo prendersi questo travaglio per amor del n.ro S.or Gesù Cristo, perchè, come informato, con maggior facoltà potrà attender all'aspeditione, massime avendo detti miserabili supplicanti ritrovato altre scritture per avanti non viste da esso n. Antonio. Che n.ro Signore Iddio, come sopra, con la Repubblica le conservi.

I fratelli, cugini del nobile Bartolomeo, erano tre: Benedetto e altri due, non nominati. Quest'ultimi e il figlio di uno di essi, spogliati dei loro beni, abbandonarono il territorio della Repubblica di Genova. La loro sorella Nicoletta e suo marito Benedetto Pedevilla, per aver avuto in dote parte della proprietà terriera della famiglia, subirono, anch'essi per lunghi anni, la persecuzione del nobile parente. Secondo quanto riportato nei precedenti manoscritti, i tre esiliati finirono malamente i loro giorni, ma ciò, spesse volte, non corrispondeva a verità; si diffondeva tale notizia per proteggere i fuggiaschi. 
A Fontanigorda , territorio del Principe Doria, in quegli stessi anni, erano arrivati tre Ferretti, di sconosciuta provenienza: Domenico detto Meneghin e il fratello Giacomo con suo figlio. Essi si posero sotto la protezione del feudatario e furono autorizzati a portare le armi, insieme ad altri che, nel 1592, furono indagati per il grave ferimento del marchese Antonio Maria Malaspina di Casanova.

Fonte: Archivio di Stato di Genova, Sala Senarega, filza 1421.